Area archeologica Cavellas
L’alimentazione antica
Preparare la visita
Cosa c’è da vedere/per approfondire
Per capire cosa potevano mangiare a Cavellas in epoca romana, bisogna prima di tutto pensare a cosa mancava rispetto a oggi, a cominciare dagli ingredienti: tutti quelli arrivati dalle Americhe dopo il XV secolo, come le patate, i pomodori, i peperoni, le zucchine, i fagioli (tranne quelli “dell’occhio”), il granoturco, molte varietà di zucca e il cacao; oppure conosciute e diffuse grazie agli arabi a partire dal XII secolo come il caffè, le melanzane e il riso. O anche di alimenti che solo la selezione ha inventato o reso disponibile a tutti molto più tardi come lo zucchero o i carciofi.
E ovviamente tutta la tecnologia che oggi consideriamo consueta come quella legata alla conservazione e il trasporto, dal ciclo del freddo all’inscatolamento, alla cucina vera e propria con la cucina a gas, le pentole in acciaio, etc.
Gli ingredienti a Cavellas erano di produzione locale: orzo, segale e frumento come cereali, verdure dell’orto come cipolle, rape, insalate, cavoli, carote (ma non erano ancora arancioni) e poi frutti spontanei del bosco. Carne ovina e poi tutti gli animali che si potevano cacciare e pescare. E naturalmente formaggi.
La fonte unica per le cucina è il libro “De re coquinaria” di Apicio, che racconta il menù delle classi ricche. Nessuno però ha scritto il cibo dei contadini come gli abitanti di Cavellas, ma lo si può comprendere dagli scavi archeologici e da qualche notizia nascosta in altre fonti.
Il piatto principale dovevano essere polentine di cereali arricchite dagli altri ingredienti. Grande spazio ai formaggi, mentre la carne in età romana non aveva la stessa importanza che nel medioevo, condizionato dalle tradizioni alimentari dei popoli germanici che invasero l’Italia a partire dal V secolo d.C.
È probabile che il gusto del cibo fosse prevalentemente acido o affumicato, per via delle tecniche di conservazione, mentre il dolce era affidato unicamente alla frutta o al miele.
All’epoca non era ancora stata inventata la forchetta e si mangiava con le mani, tranne i cibi liquidi, per i quali si usava un cucchiaio probabilmente di legno.
Attività per i bambini
Ciao. Sono Cavella e questo è Lupacchiotto, il mio miglior amico. Lo sapete che il paese dove abito ha il mio stesso nome! O forse è il contrario? Se avete un poco di tempo ve lo racconto per bene!
Il villaggio romano
Cavellas è il mio paese, e secondo me è il più bello del mondo.
Siamo in una valle vicino al lago e ai boschi. Le case sono belle solide, a pianta rettangolare e molte hanno varie stanze. I muri sono in pietra, il tetto in legno con le tegole mentre i pavimenti più semplici sono in terra battuta, ma altri li fanno con le tegole rovesciate con le alette girate verso il basso, alcuni addirittura con le lastre di pietra.
Dentro casa si sta belli freschi in estate, mentre d’inverno si rimane al calduccio: purtroppo i vetri sono cose da ricchi e perciò le finestre sono poche e piccole per non fare uscire il caldo del focolare. Purtroppo anche il fumo non esce, a volte dentro casa sembra ci sia la nebbia, però alla fine ci si abitua e poi in realtà gran parte del tempo si passa fuori anche d’inverno.
Le case sono lungo la strada che segue la valle e non sono mica appiccicate come in città, ma sono distanziate tra di loro da stradine molto strette. Alcune, come la mia, hanno anche un piccolo giardino coltivato, a volte con un pozzo. Lì dorme Lupacchiotto ma quando fa tanto freddo papà lo lascia entrare e dorme vicino a me, così ci scaldiamo.
E adesso giochiamo!
Fare il formaggio
Aiuto. Ma questo vaso è bucato! Sarà rotto?
Ma cosa pensate… questo è un colino! È normale che sia bucato sotto, perché è un recipiente che serve per fare il formaggio: in paese tutti facciamo il formaggio in casa, mica lo compriamo.
Ogni famiglia ha le sue capre, che i bambini portano a pascolare nei prati vicino, e vanno munte ogni mattina e sera. Anche io lo faccio tutti i giorni insieme a Lupacchiotto che mi aiuta a non perderle, e non sono mica tanto contenta perché preferirei stare a giocare con le amiche. Però le porto sempre dove ci sono i prati più belli e dopo viene un formaggio buonissimo, secondo me il più buono di tutta Cavellas.
A me poi piace un sacco il Moretum, che si prepara con tutte le erbe profumate, e ogni tanto aiuto la mamma a prepararlo.
Mi gusto ogni cucchiaiata, sento il sapore dei prati e del latte; e mi compensa di tutta la fatica che mi costa ogni giorno.
E adesso giochiamo!
Tutti a tavola!
Che fumo quando la mamma cucina! Le pareti sono tutte nere e si tossisce sempre.
E poi è così scomodo stare inginocchiate perché il focolare è praticamente per terra. E non ci si può distrarre mai: sotto la pentola, sollevata sui suoi piedini, ci vuole sempre la brace caldissima che va presa dal fuoco a lato, che non si deve spegnere. Soprattutto bisogna stare attenti che qualche lapillo non scappi fuori: tempo fa si erano incendiate un sacco di case.
Ma bisogna anche girare sempre con il mestolo, sennò la minestra si attacca.
Insomma, è proprio un lavoraccio, e sono fortunati mio papà e i miei fratelli che dicono che cucinare non è una cosa per loro. Secondo me è una scusa per non faticare.
Però che buona la polentina calda cucinata con la farina di farro e le verdure dell’orto, specie d’inverno quando fa tanto freddo!
La mangiamo tutti insieme dalla grande ciotola, e devo stare attenta che i miei fratelli, velocissimi con il cucchiaio di legno, non si mangino tutto!
E adesso giochiamo!
GIOCO A CASA – Moretum che bontà!
Vorresti provare le mie stesse sensazioni quando mangio? Sentire un gusto simile?
Potresti preparare il Moretum, che era un piatto a base di formaggio che mangiavano i contadini di età romana.
Si conosce la ricetta perché due scrittori latini, Virgilio e Columella, ne parlano nelle loro opere: ognuno lo faceva con quello che aveva e secondo i suoi gusti: tu puoi farlo secondo i tuoi!
Prendi un formaggio (di latte di capra magari, come si usava a Cavellas, se possibile bello fresco, anche una ricotta) e lo mischi con le erbe che ti piacciono (prezzemolo, menta, ruta, etc.) insieme a pinoli o nocciole o noci, tutto tritato fine fine. Dopo aggiungi un poco di olio e si ti piace un goccio di aceto e un pizzico di pepe, e naturalmente il sale.
Inserisci le erbe poco alla volta e poi assaggia, per non esagerare con i sapori.
E sentirai lo stesso gusto di latte ed erbe che piaceva a me, Cavella.
E adesso giochiamo!
Lavorare al telaio
È bella la mia tunica vero? Ne ho anche altre due, anche loro molto belle.
Le ha fatte tutte la mia mamma, come tutti i vestiti che abbiamo, con la lana ottenuta dalle nostre capre.
In casa abbiamo un telaio che mio papà ha fabbricato con il legno dei boschi: è inclinato e appoggiato a una parete, con molti fili appesi in alto e con grossi pesi di ceramica in basso per tenerli tesi. Un bastone orizzontale tiene la trama mentre la mamma con un altro passa il filo orizzontale. Ci vuole tanta pazienza, ed è faticoso stare tanto tempo seduta a fare questo lavoro. Io sto spesso a guardare la mamma, perché voglio imparare bene perché so che da grande sarà anche il mio lavoro.
Con i teli che si ottengono aiuto la mamma a cucire le tuniche per tutta la famiglia, ma anche i mantelli per l’inverno e le coperte.
Quando va bene riusciamo a produrre qualche tessuto in avanzo e allora li vendiamo a qualche mercante che passa per la strada lungo la valle, oppure lo portiamo al mercato a Bergomum.
E adesso giochiamo!