Parre – Oppidum degli Orobi
La scrittura
Preparare la visita
Cosa c’è da vedere/per approfondire
La presenza di testi scritti in un contesto archeologico protostorico pone interrogativi e apre prospettive che però, allo stato degli studi, sono difficili da sciogliere.
Le iscrizioni di Parre sono in lingua celtica, quella parlata dalla popolazione locale, ma scritte con caratteri derivati dall’alfabeto etrusco.
Non esisteva una forma di scrittura nella cultura celtica dell’Italia settentrionale, ma il contatto a partire dal VII secolo a.C. con il modo etrusco portò probabilmente a un “bisogno culturale” prima appunto ignoto.
Non è possibile sapere chi fosse in grado di scrivere (mercanti? sacerdoti?), ma è molto probabile che fossero pochi individui e non esistesse alcuna forma di scolarizzazione come la intendiamo noi adesso. È probabile che queste persone avessero il compito di scrivere anche per chi ne avesse bisogno, come accadeva ancora agli inizi del secolo scorso.
L’alfabeto etrusco, che deriva da quello greco occidentale trasmesso dai Calcidesi, era composto da 26 caratteri; le scritte di Parre erano composte indifferentemente da sinistra verso destra e viceversa.
Dalla scrittura derivano potenzialmente un sacco di informazioni utili a comprendere il passato, ma purtroppo i testi ritrovati in questi scavi probabilmente servivano solo a indicare proprietà (come il bicchiere di Piuot e la rotella di Katua), come testimoniato anche altre brevi iscrizioni rinvenute in area golasecchiana/celtica.
Questa povertà di testimonianze è sicuramente viziata dalle condizioni di ritrovamento, in quanto gli unici reperti hanno come supporto la ceramica e la pietra, ma forse non si può escludere l’uso di altri materiali ora scomparsi. Se in un futuro rimanessero della nostra civiltà solo le scritte su materiali non deperibili si conserverebbero solo le targhe delle vie, le lapidi al cimitero e quelle commemorative (la carta si decompone e i supporti digitali scompariranno): una parte veramente ridotta della nostra cultura.
Ma purtroppo non si possono fare ricostruzioni credibili sulle assenze, perciò rimangono gli interrogativi.
Attività per i bambini
Ciao, sono Piuot e vivo a Parre, un paesino in montagna da dove passano i mercanti. Come gli altri bambini pascolo le capre, ma da grande voglio fare il fonditore come papà.
Una pietra magica
Una volta, quando ero piccolo, l’avevo preso per gioco e poi non mi ricordavo dove l’avevo messo. Mio papà si era arrabbiato e spaventato molto e solo dopo averlo trovato si era calmato.
Allora mi aveva spiegato che in effetti sembrava un sasso ma in realtà era altro. Anzi in verità era proprio un sasso ma anche un oggetto speciale, come testimoniavano i due piccoli scavi tondi e alcune incisioni fatti apposta: nessuno lo aveva costruito, ma aveva lo stesso peso di quelli che usavano gli Etruschi per misurare. Insomma è un oggetto importante e utile, ma anche un poco magico.
Non è proprietà di nessuno in paese, ma è di tutti perché chi deve pesare una cosa può chiederlo e usarlo.
Io però non lo voglio più vedere e neppure toccare. Sono stato sgridato così tanto per aver rischiato di perderlo che non ne voglio sapere più niente!
E adesso giochiamo!
La rondella di Katua
Spesso vado a casa di un’amica di mia mamma, che abita nella casa di fianco.
Si chiama Katua e non solo mi è simpatica, ma è anche un po’ speciale: lei sa scrivere! Sono sempre affascinato da questi segnetti che da soli sono solo righe, ma messi assieme rappresentano suoni o parole. Lei dice che li hanno inventati gli Etruschi, un popolo che abita verso il meridione a molti giorni di cammino, ma le parole sono nella nostra lingua.
Le chiedo sempre di farmi vedere una rondella di pietra forata che a volte usa come ciondolo. È bella, liscia e rotonda, ma soprattutto ha il suo nome scritto sopra. Tutti noi abbiamo un oggetto solo nostro, ma questa rotella sarà sua per sempre, anche quando sarà ormai morta tutti sapranno che è la rondella di Katua.
Anche a me piacerebbe avere un oggetto con il mio nome.
E adesso giochiamo!
Lavorare il rame con papà
Avete visto questo pezzo di pietra con inciso un anello? È del mio papà, che è uno dei fonditori del nostro villaggio, come tanti altri.
Lui lavora con suo fratello che cerca il rame delle miniere qui vicino e poi lo libera dalle impurità scaldandolo e fondendolo, fino a produrre dei panetti.
Mio padre poi miscela il rame con lo stagno, che compra dai mercanti che vengono da nord, e quando la miscela è fusa, caldissima, lo versa dentro gli stampi fatti da due metà di pietra.
Io lo aiuto spesso invece di andare a giocare con gli altri. Per adesso aziono il mantice per produrre aria e aumentare la fiamma, ma poi mi insegnerà il mestiere un po’ alla volta perché quando sarò grande diventerò un fonditore anche io. Spero però che mio cugino si occupi di altro, perché non mi è molto simpatico e non so se ho avrò voglia di lavorare con lui.
E adesso giochiamo!
Scambi tra i popoli
È bello stare a Parre: rispetto ad altri villaggi qui vicino dove non succede mai niente, è da qui che passano tutti i mercanti che vogliono andare in pianura. Con la bella stagione arrivano con i loro carri, spesso comprano gli oggetti in bronzo che fanno mio padre e gli altri venditori, altre volte acquistiamo da loro oggetti che vengono da posti lontani. E poi proseguono il loro viaggio.
Abbiamo ad esempio un pendaglio in bronzo a forma di secchiello o un bicchiere in ceramica decorato con cerchi che è stato fatto nelle terre a occidente, dalle tribù dei Celti. E molti altri, come una bella scodella che viene da un popolo che abita sulle alpi a oriente, i Reti. Ma abbiamo anche un boccale che arriva da un posto non molto lontano, un villaggio sul lago d’Iseo.
Io sto sempre qui, però ogni volta che vedo un oggetto che viene da altri paesi sembra anche a me di aver viaggiato e visto posti diversi.
E adesso giochiamo!
La mia casa
Qui in montagna d’inverno fa molto freddo, perciò le nostre case sono attrezzate per tenerci caldi e sicuri.
La nostra è una grande stanza per metà scavata sotto il prato, così come tutte: i muri sono in sassi uniti senza calce e il pavimento è fatto di solito in terra battuta, anche se da noi è costruito in lastre di pietra. La parte che esce dal terreno è in legno così come il tetto, con le falde molto inclinate per far cadere la neve; sopra, nella mia casa ci sono le tegole di legno, ma in altre si usa la paglia.
Dentro questa grande stanza facciamo tutto. La mamma cucina su un focolare realizzato un poco più in alto del pavimento, mentre in un angolo maciniamo il grano; sempre lì dentro mangiamo e dormiamo. Non ci sono finestre, per non far entrare il freddo, e in inverno l’interno è un po’ buio e pieno di fumo.
Ma quando fuori c’è tanta neve, e tutto è ghiacciato, stare al calduccio è la cosa più importante.
E adesso giochiamo!
Il mio nome
A me dispiace, ma per la verità qui nell’Oppidum quasi nessuno sa scrivere, solo in pochi.
Però voglio provare, vuoi farlo con me? Qui sotto, ho scritto il mio nome. A fianco c’è l’alfabeto
utilizzato dalla gente del mio villaggio e che assomiglia a quello etrusco.
Confronta le lettere e prova a scrivere il tuo nome oppure una frase. Chi tra i tuoi amici riuscirà a leggerlo? Ah, dimenticavo: il mio alfabeto si può scrivere e leggere da sinistra verso destra e viceversa!
E adesso giochiamo!