Lovere romana. Dal “tesoro” alla necropoli

Il “tesoro” di Lovere

In età romana Lovere era un insediamento posto in una felice posizione sul lago, alla confluenza di importanti vie di comunicazione tra il territorio bergamasco, il Sebino, la Val Borlezza e la Valle Camonica.

La ricchezza e l’importanza  assunte dal centro dopo la conquista romana della Valle Camonica nel 16 a.C. sono suggerite dall’estesa necropoli scoperta all’inizio dell’Ottocento lungo l’antica strada comunale per Corti (le attuali vie Martinoli e Gobetti).

Mappa originale del comune di Lovere rilevata da me geometra infrascritto incominciando dal giorno 4 agosto 1809 al giorno 14 ottobre e dal giorno 13 aprile al giorno 15 giugno 1810. Milano, Archivio di Stato, Catasto lombardo veneto. Censo stabile. Mappe originali di primo rilievo, n. 1065. In giallo, l'area dove si estendeva la necropoli

Dopo ritrovamenti sporadici nel 1818-1819 e nel 1847, la prima vera “scoperta” avviene nel 1907, in occasione dei lavori di realizzazione del nuovo Ospedale e del tracciato ferroviario Lovere – Cividate.

Vennero alla luce allora, in un campo che apparteneva alla famiglia Bazzini, diverse tombe con ricchi corredi, tra cui oggetti d’ornamento in oro, argento e pietre preziose e un vero e proprio servizio di argenteria: un piatto, una casseruola, una coppetta, un cucchiaio e una bellissima coppa con un pescatore contornato da pesci marini.

La straordinaria ricchezza dei corredi, provenienti da tombe diverse ma raccolti insieme, ha creato nell’immaginario comune l’idea di un “tesoro”.

Nel 1909 Alfonso Bazzini vendeva gli oggetti al collezionista milanese Leo Goldschmied, che nel 1929 li donava al Comune di Milano, dove i più preziosi sono oggi esposti al Civico Museo Archeologico.

La cosiddetta “Coppa del pescatore”, ritrovata negli scavi del 1907

Dal “tesoro” alla necropoli

In seguito ai ritrovamenti del 1907, altre tombe emergevano nel 1929 nel piazzale antistante l’ospedale, nel 1957 nei pressi del nuovo campo sportivo parrocchiale e nel 1973 di fronte alla chiesa di Santa Maria in Valvendra.

Nel 1996 e negli anni 2013 e 2015 le ricerche archeologiche della Soprintendenza hanno portato alla luce oltre 140 tombe. Gli scavi, condotti con rigoroso metodo stratigrafico, hanno permesso di raccogliere informazioni sulle sepolture, sui corredi e sugli individui sepolti. In questo modo i “tesori” provenienti dal sottosuolo sono diventati preziosa fonte di conoscenza della storia di Lovere.

Panorama di Lovere con il lago d’Iseo, (questo in corsivo, il resto no) riproduzione Domenico Lucchetti ©Museo delle Storie di Bergamo, Archivio fotografico Sestini, Raccolta Domenico Lucchetti, ERV-7937

La necropoli, come di consueto nel mondo romano, si trovava fuori dal centro abitato, lungo la strada di collegamento con la Valle Camonica ed era organizzata in grandi recinti funerari in muratura che delimitavano spazi riservati a gruppi familiari, sociali o professionali. Ne sono stati individuati almeno sei, con dimensioni variabili da 40 a 150 mq.

Le 240 tombe scoperte in oltre cento anni dimostrano che la necropoli è stata in uso dal I secolo a.C. agli inizi del V secolo d.C.

Nei primi secoli dell’Impero le tombe sono a cremazione, con deposizione dei resti cremati entro fosse, cassette laterizie e – in un caso – in una struttura in muratura con nicchie sui lati. In età tardo romana le consuetudini funerarie subiscono un mutamento, con il passaggio all’inumazione.

Disegni di Edgar Caracristi e Chiara Gafforini